Evoluzione del mercato del lavoro, il ruolo degli Head Hunter nell'interpretazione del cambiamento

Evoluzione?

"Non esiste condizione peggiore per l'intera individualità dell'uomo di quella di essere animicamente lontano con il proprio cuore da quel che deve fare la testa".

(R. Steiner, Nervosità, fenomeno del nostro tempo, 1912).

E' tutto oro quello che luccica?

Partendo da questo pensiero, riflettevo su quanto sia attuale ed urgente il tema.
A tutta prima, traducendo il concetto al mondo del lavoro, l'associazione potrebbe risultare automatica con immagini in bianco e nero di fabbriche lontane nel tempo in cui l'impostazione del lavoro in molti casi era alienante, meccanica e le condizioni dei lavoratori ben poco tenute in considerazione.
Oggi di sicuro, per quello che riguarda il cosiddetto Occidente, l'attenzione alle condizioni dei lavoratori è più alta. I diritti, conquistati dai nostri nonni e padri, sono maggiori ma già negli ultimi anni abbiamo assistito ad uno smantellamento di determinate tutele. Il gigantismo d'impresa tende ad inglobare, livellare ed ottimizzare a scapito delle necessità e delle peculiarità di un determinato contesto.
Gli ambienti di lavoro nella maggior parte dei casi oggi sono confortevoli, "friendly", "happy" , "green", "inclusivi" e i reparti marketing delle aziende, sulla carta, fanno la gara a chi risulta esserlo di più.
Dietro al velo scintillante, pur tuttavia, sovente la condizione alienata dell'individuo permane, il vivo rapporto umano è disgregato ed in alcuni casi l'impostazione del lavoro è al limite del disumano ovvero l'umano viene trattato da computer visto che gli algoritmi decidono i parametri.

Dispersione o concentrazione?

La tecnologia certo ci ha agevolato moltissimo ma d'altra parte, il suo prendere il sopravvento sta rendendo l'uomo in funzione di essa e non viceversa e questo lo possiamo notare sia sul lavoro che nella vita privata. La sconnessione tra l'individuo ed il mondo reale, sta diventando lampante. Basti osservare lo scenario che ci si presenta in un museo o in una città d'arte, la maggioranza delle persone che vedrete frappongono fra sé e quello per cui si è mossa in quel posto, lo schermo di un cellulare. Sul lavoro, ad esempio, per anni ci siamo subiti il mito del multitasking che sostanzialmente è legato ad un concetto informatico, ovvero la capacità di un software di eseguire più programmi contemporaneamente. L'uomo quindi viene considerato alla stregua di un computer che più caselle apre contemporaneamente più è ritenuto efficiente.
Fortunatamente questo concetto negli anni ha perso la sua attrattività ed oggi, sempre per usare un inglesismo, si parla di monotasking. In verità i benefici di concentrare tutta l'attenzione su un tema o un compito l'avevano già evidenziato le antiche tradizioni, il Raja Yoga ne è un esempio, non inventiamo nulla di nuovo.
Il succo in fin dei conti è che se veniamo sovrastimolati da compiti in ottica di continui target da raggiungere e parametri da soddisfare, la nostra capacità di concentrazione subisce dei duri colpi, scolleghiamo di fatto il pensiero dall'azione e di conseguenza ci alieniamo, ci logoriamo. A breve termine, per gli obiettivi aziendali, potrà anche risultare produttivo ma non nel medio e lungo periodo, la disaffezione ed il conseguente alto turnover di certi contesti, lo conferma.

Il nostro tempo, cosa ci comunica?

La fase storica che stiamo vivendo rappresenta epocali cambiamenti, in alcuni casi tragici e deleteri, sia dal punto di vista geopolitico che dal punto di vista culturale, molti dei totem che credevamo immutabili stanno crollando, dobbiamo trovare nuovi equilibri ed essere sempre più capaci di riconoscere il vero dal falso.
In molte persone, soprattutto dopo i vari lockdown, è sorta perlomeno la domanda se la direzione della vita condotta fosse realmente quella desiderata.
Il maggiore tempo a disposizione e le varie paure vissute in quel momento hanno agevolato, a chi avesse avuto voglia e coraggio, l'opportunità di dare un'occhiata dentro sé, interrogarsi e rivedere le proprie priorità correggendo di conseguenza la prospettiva. L'ingranaggio in parte si è fermato e per un attimo e per chi avesse voluto, la possibilità di guardare oltre c'è stata.
Il fenomeno conseguente è noto sotto il nome di "grandi dimissioni".
Non possiamo dire con certezza che il fatto derivi solo da quello ma non si può nemmeno negare che una parte sia legata alla necessità di cercarsi o crearsi una dimensione lavorativa maggiormente coincidente con quello che una persona sente di volere esprimere magari attraverso un reale equilibrio tra interessi personali, famiglia e lavoro. Non esclusivamente quindi verso un fine economico o carrieristico.

Non tutto il male viene per nuocere dunque. Eventi percepiti come negativi fanno emergere spesso forze che altrimenti sarebbero rimaste sopite.
Le cose continueranno a cambiare, i vecchi parametri scricchioleranno sempre di più, la sfida è, attraverso una visione d'insieme, riconoscere e comprendere cosa realmente stia accadendo, cosa si muove dietro agli eventi manifesti e modificare assetti che non coincidono più con l'epoca presente per trarne in fondo il lato positivo, evolutivo.

 

 

Andrea Merlo
Senior Head Hunter
Recruitment Consultant

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