Il ruolo dell’Head Hunter e gli ostacoli nella presentazione di donne in ruoli apicali

62° FARO Club Main Meeting - Donne Manager: il punto di vista dell’Head Hunter.

Nel presente articolo riportiamo il discorso tenuto dalla nostra Head Hunter Francesca Caputo in occasione del 62° FARO Club Main Meeting per il progetto FAROSA, iniziativa che ha visto coinvolta la nostra Consulente in qualità di relatrice per affrontare il tema del reclutamento di donne Manager nel nostro Paese.

Buonasera a tutti voi.
Sono Francesca Caputo, Head Hunter per Profili e mi occupo, da circa 10 anni, di Consulenza nella Ricerca e Selezione di Professionisti nel segmento Middle ed Executive.
Possiedo una formazione accademica umanistica che, unitamente a diversi percorsi di approfondimento in ambito industriale e produttivo, mi consente di leggere e interpretare in modo efficace i contesti e i processi produttivi di diverse realtà industriali e tra queste le aziende della metallurgia rappresentano per la nostra realtà uno dei settori di maggior interesse.

Consulenza in Ricerca e Selezione e ruoli manageriali

Mi è stato chiesto di dare un contributo considerando la mia professione e il mio essere donna, avendo quindi un punto di vista privilegiato sul tema.
Operando nella Consulenza HR e nella caccia di teste, svolgo un ruolo di forte intermediazione tra azienda e mercato del lavoro, relazionandomi principalmente con professionisti che ricoprono incarichi apicali nelle organizzazioni, la cosiddetta C LINE (CEO, CFO, CPO…) e Direttori di funzione come Direttori Risorse Umane, Direttori Tecnici e Commerciali e posso affermare senza tema di smentita che la maggior parte dei miei interlocutori sono figure maschili.

Donne Manager in Italia

Non a caso se guardiamo agli esponenti di rilievo nelle imprese italiane l’82% delle posizioni è ricoperta da un uomo e solo il 18% da donne, dato che fa riflettere ancor più se paragonato su scala globale laddove si riscontra un posizionamento del 36% per le figure apicali femminili, percentuale che ritengo dovrebbe rappresentare un target raggiungibile nel medio termine anche per le aziende italiane.
E’ tuttavia vero che l’industry di riferimento e il ruolo manageriale fanno una fortissima differenza. Ritroviamo infatti una quota del 40% - 45% di Quadri e Dirigenti donne in settori legati ai servizi, al mondo del sociale e dell'istruzione, mentre per tipologia di attività storicamente a trazione maschile le percentuali precipitano al 15%. Così come a livello di funzione sarà più facile trovare donne Manager nei dipartimenti HR, Finanziari e Amministrativi e Marketing piuttosto che in quelle legate alla Ricerca e Sviluppo, alla Direzione Tecnica e alle Operations.
Secondo il Gender Gap Report 2022 del World Economic Forum, l’Italia si trova al 63° posto per l’indice composito sul gender gap. Il documento oltre alle difficoltà di accesso in determinate posizioni all’interno degli organigrammi aziendali, evidenzia l’ormai noto Pay Gap, che sottolinea un diverso riconoscimento economico a parità di posizione tra uomo e donna, e l’alto turn over, se non addirittura l’abbandono della carriera lavorativa, a causa di un sostegno sociale alle famiglie in Italia molto limitato.

Il ruolo dell’Head Hunter e gli ostacoli nella presentazione di donne in ruoli apicali

Nel contesto del mio lavoro quotidiano, mi trovo ad affrontare con sempre maggiore frequenza la proposta di candidature femminili per ruoli manageriali, dato in linea con la crescente managerializzazione delle aziende private in Italia che registra una crescita di inserimenti di donne del 13,5%.
Cercherò di darvi un punto di vista molto concreto e basato sul mio quotidiano professionale.
Può essere utile descrivere molto brevemente che l’attività che svolgo si divide in 4 fasi principali:
Prima fase di Consulenza: analisi del fabbisogno, del contesto organizzativo, individuazione del benchmark retributivo del professionista ricercato.
Fase della Ricerca: mappatura dei competitors o dei settori target, ricerca diretta, screening delle candidature individuate.
Fase di Selezione: colloqui di selezione volti ad individuare le competenze, le motivazioni al cambiamento e le caratteristiche personologiche dei candidati.
Seconda fase di Consulenza: presentazione della short list al cliente e supporto alla scelta finale e alla negoziazione.
Le fasi dove emergono gli aspetti più indicativi per il tema che affrontiamo oggi sono quella della Ricerca e quella della Presentazione e scelta presso il Cliente.
Nella fase di Ricerca vi sono elementi oggettivi che non permettono di individuare in questo step numeriche simili tra uomini e donne. In alcuni settori, per esempio nell’industria o IT la sperequazione è maggiore, contrariamente a quanto accade in altri settori come i servizi ed il terziario in cui il divario seppur sussistente è più contenuto. E d’altronde a livello di preparazione universitaria si rileva una minore percentuale di donne con formazione di tipo tecnico: il tasso di donne laureate in Ingegneria o, in generale, in materie STEM è assai più basso rispetto a quella degli uomini. La buona notizia è che questa tendenza è in miglioramento e sempre più le ragazze accedono a questi percorsi di studi.
Il gap retributivo tra uomini e donne, come abbiamo detto, è di per sé stesso un altro fattore. Infatti sovente capita in azienda che la minore possibilità di crescita a condizioni paritarie addirittura scoraggi la volontà o l’opportunità di inseguire e ottenere questa crescita e quindi anche di rendersi disponibile per quel ruolo e di candidarsi. Per esempio, quando una scelta di cambio professionale va fatta all’interno di un contesto di coppia e familiare, la maggiore retribuzione a favore dell’uomo influenza tali scelte indirizzandole spesso a scapito della donna. Anche qui una buona notizia c’è sempre più aziende stanno colmando o eliminando il gap retributivo ottenendo migliori performance aziendali.
Nella fase della presentazione delle candidature finali e in parte nella fase di scelta definitiva presso il cliente talvolta si incontrano resistenze di mentalità e culturali, che portano i decisori a non valutare in maniera oggettiva e paritetica uomini e donne. Permangono stereotipi che impongono alle donne di avere caratteristiche simili agli uomini e a parità di competenze sono privilegiati gli uomini perché sono loro a ricoprire posizioni di vertice.
Qui non bastano le normative nazionali o europee (come ad esempio la Direttiva Europea sul Gender Gap), è necessario una nuova consapevolezza nei decisori.
Nei casi nei quali incontro resistenze di tipo culturale il mio compito è quello di oggettivare al Cliente quali siano i punti di forza della candidatura a prescindere dal genere di appartenenza ma anche sottolineare e far comprendere che alcune soft skill tipicamente femminili possono rappresentare un fattore di successo per l’organizzazione.

Favorire un management di tipo misto

Considerati questi aspetti possiamo compiutamente asserire che le criticità sono e saranno non solo di natura sociale (una società che castra e limita non avrà successo nel lungo termine) ma anche aziendale, in termini di mancate occasioni per raggiungere performance distintive grazie ad un modello organizzativo che prediliga un management misto. La letteratura sul tema ci dice, infatti, che le organizzazioni che hanno la capacità di equilibrare tratti di leadership tipicamente maschili con quelli tipicamente femminili, hanno indicatori di vantaggio competitivo maggiori. Le donne sono generalmente più creative ed empatiche, hanno migliori capacità relazionali e di ascolto, competenze che oggi sono le chiavi di successo per i nuovi modelli di leadership pertanto la diffusione di queste soft skills è oggi fattore fondamentale delle aziende competitive sul mercato.

Come annullare il gender gap all’interno delle organizzazioni

Ma cosa dovrebbero fare i decisori aziendali alla luce di questa situazione?
Partire senz’altro da un cambio di paradigma e mentalità e una volta raggiunto un livello adeguato di consapevolezza spingere sul cambiamento con una forte sponsorship: la maggior parte dei leader comprende intellettualmente il valore e l’importanza dell’uguaglianza di genere, ma tende poi a delegarne la responsabilità a un Dirigente delle Risorse Umane o a un Responsabile della Diversità con pochissime risorse e autorità, magari trattandolo più come un elemento da includere nel rapporti di responsabilità sociale d’impresa che non come reale fattore di competitività. Solo da un’acuta consapevolezza di ciò possono guidare e indirizzare l’organizzazione verso una vera e propria cultura dell’uguaglianza e dell’inclusione.
E’ importante prevedere un’adeguata comunicazione interna e creare un contesto di lavoro che sostenga trasparenza e pari opportunità: è necessario che tutti i dipendenti siano rappresentati nei processi di pianificazione, problem solving e decisionale aumentando coinvolgimento e senso di appartenenza.
Un altro aspetto fondamentale è agire coerentemente abbandonando gli slogan e le facili dichiarazioni di circostanza, intervenendo realmente sulla cultura aziendale, magari sclerotizzata da schemi ormai superati e resistenti al cambiamento. L’uguaglianza si ottiene solo quando c’è coerenza tra la visione dichiarata dalla leadership e le politiche applicate.
Le aziende devono sempre più coltivare politiche di lavoro flessibili: come ad esempio pari accesso al congedo parentale, orari di lavoro personalizzati sulle esigenze familiari che garantiscono una migliore progressione nella crescita professionale.
I decisori hanno la responsabilità, inoltre, di sponsorizzare e partecipare ad iniziative tese ad alimentare il dibattito sui temi della parità di genere o con specifici percorsi di formazione.
Infine, è decisivo dare più supporto e training a livello manageriale e inserire criteri di valutazione legati all’inclusione aumenta il tasso di retention, oltre a creare una cultura lavorativa equa. Di per sé più performante.

Conclusioni

Tornando alla mia esperienza diretta, ritengo che ciò che fa davvero la differenza nell’inserimento di donne in posizioni apicali, non è tanto una imposizione esterna come l'introduzione delle quota rosa, bensì un cambiamento di mentalità ed un approccio indirizzato al monitoraggio delle performance all’interno delle organizzazioni.
Il cambiamento però non si può ottenere senza l’appoggio e la collaborazione degli uomini
che hanno un ruolo apicale all’interno delle organizzazioni e una caratterizzazione fortemente decisionista. Per ottenere ciò è necessario che i Manager siano consapevoli dei vantaggi e delle opportunità che l’inserimento di più donne nelle aziende porterebbe, senza questo tipo di convinzione e collaborazione tra le parti il cambiamento potrebbe essere ancora molto lento e difficile da ottenere. Noi come osservatori e facilitatori del mercato siamo certi che continueremo a sensibilizzare questo tema che ci sta a cuore e che riteniamo rappresenti un reale vantaggio competitivo per affrontare le sfide del futuro.

 

Foto brandizzata Caputo

Francesca Caputo
Head Hunter 
Recruitment Consultant

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