Dopo aver indagato le condizioni di surplus, l’intento dell’articolo di oggi è quello di analizzare più nel dettaglio la letteratura sul tema dei fenomeni generati da un deficit di competenze e/o qualifiche: underskilling/skill gap e undereducation.
Oltre a questi, verranno approfondite le condizioni di carenza (skill shortage) e di obsolescenza delle competenze (skill obsolescence), fenomeni al centro delle preoccupazioni di organizzazioni e delle società di Recruiting che le affiancano nel processo di Ricerca e Selezione.
Underskilling / Skill gap
La condizione di underskilling coincide con quella situazione in cui il lavoratore percepisce i compiti e le mansioni svolte quotidianamente come eccessivamente sfidanti e complessi da portare a termine, facendo maturare nella persona la necessità di un ulteriore sviluppo delle proprie competenze ed abilità.
Questa condizione può essere associata a quella dello skill gap, fenomeno che si differenzia dal primo unicamente rispetto alla prospettiva presa in esame, infatti in questo caso è il datore di lavoro e non il professionista a percepire il deficit tra le conoscenze, abilità e competenze possedute e quelle richieste dal ruolo.
Undereducation
Numerose ricerche sul tema del mismatch hanno sottolineato come una percentuale considerevole della popolazione lavorativa europea sia già in possesso delle conoscenze e delle capacità necessarie allo svolgimento della propria mansione pur non disponendo, in molti casi, della qualifica formale che ne possa consentire l’accertamento; la suddetta condizione, definita con il termine undereducation (o underqualification), quindi, non implica necessariamente anche quella di underskilling, precedentemente menzionata.
Questa considerazione sottolinea il fatto che, al di là dei possibili percorsi formativi intrapresi, una persona è in grado di sviluppare continuamente le proprie competenze nel contesto dell’ambiente lavorativo.
Skill shortage
Un fenomeno strettamente connesso allo skill gap è certamente costituito dallo skill shortage, letteralmente “carenza di competenze”.
Si tratta di un termine che viene solitamente utilizzato per descrivere quella situazione in cui i datori di lavoro non sono in grado di coprire le posizioni di lavoro vacanti nella propria organizzazione a causa della carenza di candidati adeguatamente competenti e sufficientemente formati.
In questo caso, dunque, si produce una situazione di disequilibrio per la quale l’offerta di lavoro non riesce a soddisfare la domanda (Barnow Et al., 1998), generando uno scenario problematico per tutte le aziende che hanno l’obiettivo di rimanere competitive sul mercato.
Skill obsolescence
Un altro tema costantemente al centro delle attenzioni di policymakers e organizzazioni riguarda l’obsolescenza delle competenze, questione fortemente correlata ai discorsi inerenti all’apprendimento permanente e alla formazione continua.
La maggior parte dei lavoratori sperimenta un continuo aumento nella varietà e nella complessità dei compiti da svolgere, condizione principalmente generata dallo sviluppo e dall’adozione di nuove tecnologie che contribuiscono a modificare le mansioni e la conseguente richiesta di competenze da parte delle aziende.
In ragione di ciò, le competenze precedentemente acquisite dai lavoratori non si dimostrano più sufficienti e allineate alle richieste di mercato, questo comporta la necessità di un apprendimento continuo di nuove nozioni al fine di adattarsi ai cambiamenti del mondo del lavoro.
Conclusioni
Come anticipato, queste condizioni sono strettamente connesse tra loro, in particolare dal punto di vista delle conseguenze generate a livello individuale e organizzativo e da quello relativo alle soluzioni proposte.
Le forme di mismatch sopra menzionate produrrebbero un calo della produttività individuale, condizione che andrebbe ad influenzare in maniera negativa la qualità dei risultati aziendali, sia nel breve che nel medio-lungo periodo.
Ad oggi le organizzazioni hanno provato a mitigare gli effetti negativi del fenomeno, proponendo la ricerca di un migliore equilibrio e la realizzazione di un preciso incontro tra domanda e offerta formativa e lavorativa, soprattutto attraverso la promozione dell’apprendimento permanente.
Queste soluzioni, però, tendono ad interpretare il mismatch come un problema statico, analizzato in maniera parziale e incompleta.
Come vedremo nel prossimo articolo, sarebbe necessario esplorare ulteriori strategie d’azione e adottare prospettive alternative, iniziando a considerare il disallineamento dei candidati come una risorsa potenzialmente generativa, sia per le aziende che per i professionisti stessi.
In questo senso, è importante che le aziende inizino a considerare anche i risvolti positivi e i benefici di questo fenomeno.
Per fare ciò, risulta decisivo il supporto che le società di Head Hunting sono in grado di fornire attraverso l’esperienza e la conoscenza del mercato del lavoro dei propri Head Hunters, i quali possono proporre candidati “out of the box” uscendo così dai criteri di selezione standard, basati spesso su una corrispondenza di tipo tecnico.